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In its ruling of July 1, 2024, No. 115, the Constitutional Court rejected the constitutional legitimacy challenges related to the provision that establishes the starting point of the limitation period for a company's right to claim damages against its statutory auditors from the date the financial statement report is filed. The Court's decision is based on the understanding that this provision applies exclusively to the company's compensatory action against the auditors, and not to claims that may be brought by shareholders or third parties.
The 1st instance Milan Court had raised a constitutional legitimacy issue regarding Article 15, paragraph 3, of Legislative Decree No. 39 of January 27, 2010 ("Implementation of Directive 2006/43/EC on statutory audits of annual and consolidated accounts, amending Directives 78/660/EEC and 83/349/EEC, and repealing Directive 84/253/EEC"), arguing that it conflicted with Articles 3, paragraph 1, and 24, paragraph 1, of the Constitution.
According to the referring judge, the conflict with Article 3, paragraph 1, of the Constitution arose from the "unreasonable unequal treatment" created by the provision when compared to the statute of limitations for liability actions against directors and auditors. Additionally, the rule was deemed "intrinsically unreasonable" because it triggered the limitation period "even when the injured party is not yet entitled to compensation or when they cannot be diligent in exercising that right, either because the right has not yet arisen or because they are unaware of the damage suffered". Furthermore, the rule was argued to be in conflict with Article 24, paragraph 1, of the Constitution, as it "would significantly hinder the injured party's ability to effectively exercise their right to compensation in court".
The Court, in rejecting the raised issues as unfounded, emphasized that the legislature has broad discretion in determining when the limitation period begins, as it must balance two conflicting interests: the injured party's right to seek compensation and the injuring party's right not to face claims for damages after an extended period of time.
The Court further explained that the limitation period assumes a lack of action by the party entitled to the compensatory claim, which in turn implies that the party has a current interest in pursuing the claim. However, the concept of "current interest" can vary—ranging from stronger protection for the injured party, based on their practical ability to assert the claim, to minimal protection, which requires that harmful conduct has already caused damage, thereby giving rise to a compensatory claim. In this case, the filing of the report, which triggers the start of the limitation period for the company that engaged the auditor, represents this minimal level of protection for the injured party.
Given these premises, the Court determined that in the context of statutory auditors, the balance struck by Article 15, paragraph 3, is not manifestly unreasonable when the compensatory action is brought by the company. In this scenario, the auditor is jointly liable with the directors, even if their actual contribution to the damage was minimal. Furthermore, once an inaccurate or incorrect report is filed, the auditor’s breach already inflicts damage on the company that engaged them, allowing the company to immediately assert a compensatory claim.
Conversely, the start of the limitation period for compensation claims by shareholders or third parties cannot coincide with the date of the report's filing, as this occurs before any damage has arisen and before the injured parties can be identified. These parties only suffer harm when the reliance created by the audit leads to a concrete distortion of their decision-making autonomy, resulting in damages. Therefore, the general rule under Article 2947 of the Civil Code, which begins the limitation period from the occurrence of the wrongful act that caused the damage, should apply in their case.
In conclusion, the Court, having declared the constitutional legitimacy issues raised regarding Article 15, paragraph 3, of Legislative Decree No. 39 of 2010 unfounded, clarified that this provision applies exclusively to actions brought by the company that engaged the auditor, seeking damages for an erroneous or inaccurate audit.
In light of the Constitutional Court's decision, it is crucial to carefully consider the commencement of the limitation period in compensation disputes against auditors, particularly when these disputes also involve insurance companies. This is especially significant in cases where actions are initiated by the bankruptcy trustee under Article 146 of the Bankruptcy Law, as such actions are often filed years after the events in question have occurred.
La prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti del revisore legale: la pronuncia della Corte Costituzionale
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Con sentenza del 1 luglio 2024, n. 115, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento alla norma che, per la società che ha conferito l'incarico ai revisori legali dei conti, fa decorrere il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno dalla data di deposito della relazione sul bilancio. La decisione della Corte si basa sul presupposto che l'ambito applicativo della disposizione è da intendersi riferito alla sola azione risarcitoria della società e non anche a quella esercitabile dai soci e dai terzi.
Il Tribunale di Milano aveva infatti sollevato questione di legittimità costituzionale in relazione all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39 (“Attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, e che abroga la direttiva 84/253/CEE”), per contrasto con gli artt. 3 comma 1 e 24 comma 1 della Costituzione.
Secondo quanto affermato dal giudice a quo, infatti, vi sarebbe un contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost. da un lato, per la "irragionevole disparità di trattamento" che la menzionata azione determina rispetto alla disciplina del decorso del termine prescrizionale previsto per le azioni di responsabilità verso amministratori e sindaci; dall'altro lato, per la sua "intrinseca irragionevolezza", facendo decorrere il termine prescrizionale anche "quando il danneggiato non è ancora titolare del diritto risarcitorio o quando non può essere solerte nell'esercizio di quel diritto, perché il diritto non è ancora sorto o perché non può essere a conoscenza del danno che ha subito".
In secondo luogo, la norma contrasterebbe con l'art. 24, primo comma, Cost., in quanto la decorrenza del termine "finirebbe per contribuire significativamente a ostacolare l'esercizio effettivo in giudizio del diritto risarcitorio da parte del danneggiato".
La Corte, nel ritenere non fondate le questioni sollevate, ha evidenziato che il legislatore ha ampia discrezionalità nel disciplinare la decorrenza della prescrizione, trovandosi a dover bilanciare due contrapposti interessi: l'interesse del danneggiato a far valere il proprio diritto al risarcimento e quello del danneggiante a non doversi difendere a distanza di molto tempo dalle richieste di danni.
Inoltre, prosegue la Corte, l'istituto della prescrizione presuppone l'inerzia di chi è titolare della pretesa risarcitoria, che implica la sussistenza di un interesse attuale dell'avente diritto a far valere la pretesa stessa. Senonché, il riferimento alla nozione di interesse attuale può oscillare fra una maggiore tutela del danneggiato, relativa alla sua possibilità “di fatto” di far valere la pretesa creditoria, e una tutela minima, che presuppone il verificarsi di una condotta lesiva già produttiva di danni e, dunque, idonea a far sorgere un credito risarcitorio.
Nel caso in esame il deposito della relazione, quale momento da cui inizia a decorrere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno della la società che ha conferito l'incarico, integra proprio tale ipotesi di tutela minima del danneggiato.
Svolte tali premesse, la Corte ha ritenuto che, nel caso dei revisori legali, il bilanciamento realizzato dall’articolo 15, comma 3 non sia manifestamente irragionevole quando l’azione risarcitoria è fatta valere dalla società. In tale ipotesi, infatti, da un lato, il revisore è esposto a una responsabilità solidale con gli amministratori, anche là dove sia stato minimo il suo contributo effettivo alla produzione del danno subito dalla società medesima, e, da un altro lato, sin dal deposito di una relazione inesatta o scorretta, il suo inadempimento produce un danno alla società che ha conferito l’incarico, la quale può già far valere una pretesa risarcitoria.
Al contrario, il dies a quo della prescrizione dell'azione risarcitoria da parte di soci o di terzi non può essere quello del deposito della relazione, che è antecedente al momento in cui si possono produrre danni e sono, dunque, identificabili i soggetti danneggiati. Tali soggetti, infatti, risultano danneggiati solo allorché, per effetto dell'affidamento ingenerato dalla revisione, si realizzi un concreto sviamento della loro autonomia negoziale, produttivo di danni.
Ad essi dovrà, dunque, applicarsi la regola generale dell’art. 2947 cod. civ., che fa decorrere la prescrizione dal fatto illecito che ha prodotto il danno.
In conclusione, la Corte, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione all'art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 39 del 2010, ha dunque affermato di doversi limitare il raggio applicativo della medesima disposizione alle sole azioni con cui la società, che ha conferito l'incarico di revisione, fa valere il danno conseguente all'erronea o inesatta revisione.
Alla luce della decisione della Corte costituzionale, nell'ambito delle controversie risarcitorie nei confronti dei revisori, che spesso coinvolgono anche le compagnie assicurative, dovrà essere attentamente valutato il momento in cui inizia a decorrere la prescrizione. Ciò anche considerato che in particolare in caso di azioni esercitate dal curatore fallimentare ex art. 146 l.f. vengono esercitate a distanza di anni dal verificarsi dei fatti contestati.