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With ruling no. 29483, issued on November 15, 2024, the Court of Cassation has once again addressed the validity of the "claims made" clause, confirming its full legitimacy and compatibility with Article 2965 of the Italian Civil Code, thereby resolving the uncertainties created by isolated recent decisions.
Specifically, the Court overturned the second-instance ruling that had deemed the clause to be unfair, clarifying that the "claims made" clause does not introduce a conventional expiry. It does not represent a limitation on the exercise of a right already established, but rather a condition that governs its emergence, tying it to a future and uncertain event: the third party’s claim for compensation. This approach is fully aligned with the model of damage insurance, where the activation of coverage is, by nature, contingent on external and unpredictable factors, independent of the policyholder's will.
The ruling thus reaffirms the principles previously established by the United Sections (9140/2016 and 22437/2018), confirming that "claims made" clauses do not violate Article 2965 of the Civil Code because they do not impose expirations that are incompatible with the law.
In particular, the Court held: "The 'claims made' clause does not constitute a conventional expiry, nor is it void under Article 2965 of the Civil Code, as it makes the loss of the right dependent on the choice of a third party, with the request from the injured party being a contributing factor in identifying the insured risk, thus allowing this type of contract to align with the civil liability insurance model."
Therefore, the third-party claim is not a limitation imposed on the policyholder, but rather an element that helps define the scope of the insured risk. This ruling resolves the isolated view expressed in ruling no. 8894/2020, which had considered such clauses to be unfair in the absence of specific written approval.
The significance of this decision is clear: on the one hand, it closes a debate that had caused uncertainty, strengthening the legitimacy of a contractual tool widely used by insurers to manage risk in a more predictable way; on the other, it reaffirms the consistency of the "claims made" clause within the existing legal and jurisprudential framework.
La Cassazione ribadisce la validità della clausola "claims made".
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Con la sentenza n. 29483, depositata il 15 novembre 2024, la Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla validità della clausola “claims made”, confermandone la piena legittimità e compatibilità con l’art. 2965 c.c., risolvendo le incertezze alimentate da isolati orientamenti recenti.
In particolare, la Suprema Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione del secondo grado che aveva ritenuto vessatoria la clausola suddetta, precisando che la clausola “claims made” non introduce una decadenza convenzionale. Non si tratta, infatti, di una limitazione dell’esercizio di un diritto già insorto, ma di una condizione che ne regola l’insorgenza, legandola a un evento futuro e incerto: la richiesta di risarcimento avanzata dal terzo. Questa impostazione è pienamente in linea con il modello di assicurazione contro i danni, dove l’operatività della garanzia è, per natura, legata a fattori esterni e imprevedibili, indipendenti dalla volontà dell’assicurato.
La sentenza in esame, quindi, ribadisce i principi già fissati dalle Sezioni Unite (9140/2016 e 22437/2018), chiarendo che le clausole “claims made” non integrano una violazione dell’art. 2965 c.c. perché non impongono decadenze incompatibili con la normativa.
Nello specifico: "la clausola «claims made» non integra una decadenza convenzionale, nulla ex art. 2965 cod. civ. nella misura in cui fa dipendere la perdita del diritto dalla scelta di un terzo, dal momento che la richiesta del danneggiato è fattore concorrente alla identificazione del rischio assicurato, consentendo pertanto di ricondurre tale tipologia di contratto al modello di assicurazione della responsabilità civile".
La richiesta del terzo non rappresenta, quindi, un limite imposto all’assicurato, ma un elemento che concorre a definire l’ambito del rischio assicurato. Si supera, così, l’isolato orientamento espresso dalla stessa suprema Corte con la sentenza n. 8894/2020, che aveva attribuito natura vessatoria a tali clausole in assenza di una specifica approvazione scritta.
La portata di questa pronuncia è evidente: da un lato, chiude un dibattito che aveva creato incertezze, rafforzando la legittimità di uno strumento contrattuale ampiamente utilizzato dagli assicuratori per una gestione più prevedibile del rischio; dall’altro, ribadisce la coerenza della clausola “claims made” con il quadro normativo e giurisprudenziale.